Napoli è una città con un ipercommissariamento de facto, nel senso che alle strettoie del piano di riequilibrio finanziario pluriennale in atto dal 2012 si sono aggiunti i due “Patti”: quello del marzo 2022 – firmato da Manfredi con l’allora Presidente del Consiglio Draghi – e quello più recente sottoscritto sempre dall’attuale Sindaco, in veste di commissario, ma con la Meloni.
Il primo Patto – che a Napoli definiamo “Pacco” – riguarda un contributo statale per la riduzione del debito in cambio di “riforme” come l’aumento di tributi comunali, la riduzione della spesa corrente del 2%, la “razionalizzazione” delle Partecipate;
il secondo “Patto” riguarda Bagnoli, è stato sottoscritto nel luglio 2024 e sta avendo un’accelerazione per il sopraggiungere dell’America’s Cup.
Pertanto, si tratta di accordi a diverso oggetto ma che hanno due importanti punti in comune: il disegno liberista della città e il notevole apporto allo svuotamento del Consiglio comunale.
Il disegno liberista di città, in estrema sintesi, è quello della negazione della spiaggia pubblica, dell’apertura alla speculazione vecchia e nuova, della privatizzazione dei servizi dall’attacco più o meno mascherato all’acqua pubblica, al progressivo smantellamento di alcune Partecipate, fino alla vendita/svendita di quote rilevanti del patrimonio immobiliare per realizzare una città vetrina e iperturistificata;
di questo disegno qui ne toccheremo alcuni aspetti.
Per lo svuotamento del Consiglio, questi Patti predeterminano le decisioni dell’Ente tanto che potremmo addirittura arrivare ad affermare che le elezioni comunali si potrebbero anche evitare tanto già si conoscono i binari che percorrerà l’Amministrazione; inoltre, rappresentano una centralizzazione delle politiche locali e finiscono con l’essere una forma di presidenzialismo a livello politico-amministrativo dove si rafforza il ruolo della Presidenza del Consiglio a scapito di quello tradizionale di Ministeri come l’Economia e Finanze o l’Interno, mentre, a livello locale, emerge ancora di più il ruolo del Sindaco a scapito di quello del Consiglio comunale relegato ad una funzione ratificatrice dove, spesso, si assiste a simulacri di confronto, magari anche con qualche intervento critico per poi votare all’unanimità o quasi.
La normale dialettica democratica compare nuovamente su aspetti non essenziali per la vita dell’Ente non toccando mai quanto deciso nei Patti.
Si tratta di una situazione analoga a quella dell’organismo elettivo nazionale dove il dibattito parlamentare si svolge nel quadro predeterminato dal Patto di stabilità europeo o dagli impegni NATO per l’aumento della spesa militare.
Tutto ciò influisce sensibilmente sull’aumento dell’astensione, come dimostrato ancora una volta dalle recenti elezioni regionali, perciò, il richiamo alla partecipazione dei cittadini non può essere una sorta di fictio e, sia a livello nazionale che locale, per essere credibile non può che partire da un approccio fortemente critico sui “Patti”.
Per quanto riguarda i Patti locali, quelli che in questa sede sono di nostro interesse, l’accordo Draghi-Manfredi dura fino al 2042, quindi ben oltre l’arco temporale del piano di riequilibrio finanziario pluriennale che dura fino al 2032 e decisamente più lungo di una singola consiliatura;
in realtà, uno degli obiettivi di questi accordi, siglati anche con altri Comuni, è sia quello di prolungare, sotto altre forme, il “regime di amministrazione controllata” dell’Ente locale e sia quello di mettersi al riparo da eventuali cambiamenti significativi nell’orientamento politico del Consiglio e dell’Amministrazione che, secondo il normale ciclo politico-elettorale, succede a quella firmataria del Patto. Insomma si inserisce il famoso “pilota automatico”.
Il Pacco per Napoli, dopo i primi provvedimenti attuativi come l’aumento dell’addizionale IRPEF, procede step by step e ora è giunto ad un passaggio molto delicato e pericoloso per le conseguenze sociali che esso comporta: ci riferiamo alla costituenda New Co. Napoli Patrimonio che dovrebbe nascere dallo spacchettamento di Napoli Servizi per gestire parte rilevante del patrimonio immobiliare da mettere a reddito, compreso quello ERP; il restante patrimonio rimarrebbe all’attuale Società strumentale del Comune.
Per quanto riguarda questa scomposizione di Napoli Servizi, condividiamo la valutazione che, ad esempio, è stata elaborata nella rete cittadina “Riprendiamoci la città – Napoli non si vende” e in un documento inviato di recente alla Presidente del Consiglio comunale Vincenza Amato e ai capigruppo consiliari con numerose sottoscrizioni che vanno da sigle del sindacalismo di base, componenti CGIL, forze della sinistra di classe, Associazioni, reti sociali, docenti universitari;
in queste posizioni, si mette in evidenza che la “razionalizzazione” delle Partecipate è, in effetti, un pretesto per finanziarizzare buona parte del patrimonio immobiliare attraverso il rafforzamento dell’apertura a fondi immobiliari d’investimento come l’INVIMIT che ha già costituito il “comparto Napoli” con i primi conferimenti fatti dal Comune; insomma, si osserva, nel citato documento dello scorso 13 ottobre, che è in atto “l’importazione del discutibilissimo “Modello Milano” nella nostra città”.
Del resto, aggiungiamo, si tratta di un film già visto, come, ad esempio, per il patrimonio immobiliare di ATER Roma (ex-IACP) confluito nel fondo i3 Regione Lazio che fa parte dei fondi a gestione diretta dell’INVIMIT; ciò per una città come Napoli può portare alla moltiplicazione di casi come quello degli sfrattati ex-Motel Agip di cui stiamo toccando con mano la drammaticità e che segna una svolta nella pericolosità sociale dell’attuale Giunta.
La costituenda “Napoli Patrimonio”, pur essendo una partecipata indiretta del Comune, finisce, nei fatti, per avere una sorta di dipendenza funzionale dall’INVIMIT perché i fondi per la sua effettiva costituzione deriveranno proprio da una parte delle entrate ottenute dalle prime operazioni immobiliari fatte con la citata SGR e destinate al rientro dal debito come emerge dalla relazione sulla gestione per il rendiconto 2024 del Comune approvato a maggio di quest’anno[1].
E’ chiaro che per facilitare l’instaurazione di più stretti rapporti tra la New Co. e l’INVIMIT si preferisce costituire una Società specificamente dedicata alla gestione immobiliare e meno adatta sarebbe stata Napoli Servizi che ha una storia ben diversa; ciò, però, significa che le argomentazioni usate dall’Amministrazione per giustificare la scelta di finanziarizzazione sono pura fuffa sia per quanto riguarda l’inadeguatezza del personale e sia perché è una Società multiservizi.
Per quanto riguarda la presunta inadeguatezza del personale la motivazione cade da sola perché l’attuale personale dovrebbe fare l’opzione per la nuova Società per cui non si comprende come il medesimo personale inadeguato in Napoli Servizi diventa, invece, miracolosamente adeguato per la New Co.;
per l’inadeguatezza della struttura multiservizi la contraddizione è altrettanto evidente perché la Giunta ha scelto come partner “tecnico” la MM Spa di Milano che è nata come società di ingegneria e non si occupa soltanto della gestione del patrimonio immobiliare del capoluogo lombardo; quindi, se il modello multiservizi è inadeguato non si comprende come mai diventi adeguato nella scelta del partner.
Le fallaci argomentazioni dell’Amministrazione servono soltanto a coprire il fatto che non c’è un vero interesse pubblico nella costituzione della Società; nello specifico dei lavoratori di Napoli Servizi pensiamo che la città, invece, abbia un debito di riconoscenza nei loro confronti generatosi nel 2013 quando hanno avuto le competenze nella gestione del patrimonio comunale in seguito ad un passaggio di consegne con la Romeo che nel frattempo aveva “portato via il pallone” non lasciando il software al Comune.
Veniamo, ora, al Patto per Bagnoli che, a differenza del Pacco del 2022, anche formalmente, si basa su un Commissario “Straordinario” di Governo che, a differenza del passato, coincide col Sindaco della città (sul carattere “straordinario” del Commissario e del relativo Commissariato stendiamo un velo pietoso sulla vecchia tradizione italica che, come sappiamo, finisce, nei fatti, per far diventare ordinario ciò che nasce come straordinario).
A questo punto, per comprendere meglio l’attuale situazione, occorre risalire, seppur brevemente, alle vicende relative all’ ex- Italsider.
Nella sintetica ricostruzione, si parte nel 1991 con la chiusura dello stabilimento siderurgico, nel 1994 si decide la bonifica del sito d’interesse nazionale (SIN) che viene formalizzata nel 1996 col d-l n. 486 e, da allora, si susseguono varie leggi e decreti con avvicendamenti di diversi soggetti attuatori da Bagnoli Spa, a Bagnolifutura Spa, alla SOGESID Spa all’attuale INVITALIA Spa e nomine di diversi Commissari “Straordinari” per la bonifica.
Tuttavia, proprio una decina di giorni prima del citato Patto del luglio 2024 è stata apportata una significativa modifica alla normativa del 1996 dove si prevedeva che l’allora Ministro dell’Ambiente dovesse integrare il piano per la bonifica dell’arenile di Coroglio-Bagnoli e dell’area marina “comprensivo della morfologia naturale della costa in conformità allo strumento urbanistico del Comune di Napoli”, con la legge di conversione del d-l n. 60/2024: questa disposizione di raccordo tra piano di bonifica e piano regolatore generale del Comune è stata soppressa[2]; ovviamente, la soppressione significa che salta il ripristino della linea di costa, del resto, l’attacco alla legge 582/1996 è un vecchio obiettivo della lobby del cemento che poi significava mettere in discussione la collegata variante urbanistica per Bagnoli.
Oggi “finalmente” riescono ad attuare questi piani anche grazie ad un’altra “originale” modifica normativa del 2023 allo “sblocca Italia”[3] dell’allora governo Renzi che ha introdotto nel nostro ordinamento la “variante urbanistica automatica” altro formidabile colpo alle competenze consiliari passato sotto la mistificante e ricorrente motivazione della “semplificazione” che tanto unisce centrodestra e centrosinistra.
Quando il 24 settembre è stata fatta la seduta monotematica del Consiglio comunale sull’America’s Cup e Bagnoli si deve supporre, per ovvi motivi, che nella massima Assise cittadina si fosse al corrente delle modifiche normative ma non se n’è fatto cenno, né sono emerse critiche al Sindaco nella sua veste di commissario per avere contezza del sostanziale svuotamento del piano regolatore della città su aspetti rilevanti.
Pertanto, in questo contesto istituzionale e politico-amministrativo richiedere e impostare un dialogo con le Associazioni e i Movimenti di Bagnoli mettendo sullo sfondo il ruolo determinante del Sindaco/Commissario di governo corre il rischio, aldilà delle migliori intenzioni, di essere oggettivamente fuorviante creando l’illusione di un ruolo consiliare che non esiste;
invece, occorre riportare al centro come controparte il Commissario straordinario e mettere sul tavolo in maniera molto più evidente la rinegoziazione antiliberista del Patto per Bagnoli, coscienti del fatto che in base al protocollo del luglio 2024 chi è competente a concordare modifiche al Protocollo è il Commissario e non il Consiglio[4].
Un’ impostazione analoga va seguita, a nostro avviso, per la rinegoziazione antiliberista del Pacco per Napoli dove le competenze sono, invece, del Consiglio Comunale sfruttando e ampliando le previste clausole di “flessibilità” attraverso la possibile “rimodulazione” annuale delle misure adottate per l’attuazione del Pacco;
naturalmente per concretizzare entrambe le rinegoziazioni è fondamentale che si creino le condizioni sociali, politiche e programmatiche.
A livello esemplificativo – e per aprire un più serrato confronto cittadino sulla rimodulazione/rinegoziazione del Pacco – si potrebbero indicare i punti che di seguito elenchiamo:
- una revisione dell’aumento dell’addizionale comunale IRPEF aumentando la fascia di esenzione, anche in seguito al tasso d’inflazione degli ultimi tre anni e da attuare rispettando il principio della progressività della tassazione[5];
- la fissazione di una data in cui, in relazione al rientro, seppur parziale dal debito, si torna alla precedente aliquota dell’addizionale IRPEF già al massimo per il riequilibrio finanziario pluriennale;
- la rinuncia a valorizzazioni speculative del patrimonio comunale adibito a fini sociali e all’ERP con un blocco o forte revisione del progetto riguardante la costituenda Napoli Patrimonio;
- una salvaguardia delle Partecipate comunali parte integrante del patrimonio cittadino a iniziare da Napoli Servizi oggi minacciata anche nel suo equilibrio economico finanziario per il previsto spacchettamento della stessa per la costituzione della New Co. precedentemente citata;
- una verifica trasparente del tesoretto di 32 milioni in più che l’Amministrazione afferma di aver realizzato attraverso la riscossione coattiva;
- una rapida ed attenta valutazione per l’estinzione anticipata dei due swap ancora attivi da parte del Comune con Banca Intesa e Deutsche Bank che ha flussi finanziari negativi fino al 2035 dirottando per la maggior parte a fini sociali il risparmio di spesa che ne deriverebbe dalla chiusura;[6]
- eventuale nuova rimodulazione/rinegoziazione del Pacco a fine 2027 qualora ci siano effettivi e seppur lievi introiti nelle casse comunali derivanti dall’America’s Cup.
Nel concludere questo articolo, speriamo di aver dato un piccolo contributo ad una sempre più necessaria e unificante piattaforma politico-programmatica cittadina con una chiara impronta antiliberista l’unica impostazione che può difendere i ceti più deboli della città.
[1] Cfr. pag. 51 della relazione sulla gestione allegata alla deliberazione consiliare n. 33 del 26/05/2025 dove in riferimento al conferimento di 6 immobili al comparto Napoli si osserva che “L’entrata realizzata è risultata superiore all’importo previsto a copertura del disavanzo, a causa del mancato impegno – nell’esercizio 2024 – della spesa per la costituzione della nuova società di gestione del patrimonio , a cui i proventi dell’operazione INVIMIT erano destinati e il cui iter non si è concluso entro il 31 dicembre 2024”.
[2] La disposizione modificata dal d-l n. 60/2024 è quella contenuta all’art. 1, co. 14, del d-l 20/9/1996 n. 486.
[3] Ci riferiamo alla modifica del comma 10 dell’art. 33 del d-l n. 133/2014 novellato dal d-l 13/2023 convertito con modifiche dalla legge n. 41/2023.
[4] Cfr. art. 6 (Disposizioni finali) co. 1: “Eventuali modifiche al presente Protocollo, sono concordate tra il Commissario Straordinario di Governo e il Ministro per gli Affari Europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e formalizzate mediante atto scritto o scambio di note formali, su istruttoria del Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud”.
[5] L’Amministrazione ha proceduto all’aumento dell’addizionale comunale sull’IRPEF, dopo aver fissato la fascia di esenzione a 12.000 euro di reddito, in maniera indifferenziata ispirandosi più ai principi della flat tax che a quelli della progressività della tassazione come previsto in Costituzione.
[6] Dalla relazione sulla gestione allegata al rendiconto 2024 esce confermata la previsione di flussi finanziari negativi che dal 2025 al 2035 (data di scadenza dello swap) ammontano complessivamente a € 145.667.523,82 con differenziali negativi attesi annualmente prevalentemente in crescita (vedasi tabella riportata a pag. 34 dalla citata relazione sulla gestione)
