La scorsa settimana è stato presentato allo Scugnizzo Liberato di Montesanto il libro di Luca Rossomando L’impresa del bene. Terzo settore e turismo a Napoli, un lavoro importante in mezzo tra la ricerca – capace di teorizzare tendenze e fenomeni generali a partire dal dato concreto – e l’inchiesta. Il libro mostra la posizione chiave che i grandi enti del privato sociale sono riusciti a guadagnarsi nel modello di sviluppo proposto da una decina d’anni, nella principale città del Mezzogiorno, come l’unico possibile: quello legato al turismo, all’accoglienza, al terziario. Lo strumento è un’analisi dettagliata della realtà dei tre quartieri popolari più importanti del Centro, ovvero Forcella, i Quartieri Spagnoli e il Rione Sanità, e dell’operato di tre grandi enti (l’associazione l’Altra Napoli, la fondazione Foqus e la fondazione San Gennaro) che in quei territori rispettivamente operano.
Dal volume emerge l’esistenza di un modello che, da un lato, ha elementi comuni con dinamiche già consolidate in altre città d’Italia, dall’altro riflette peculiarità del contesto napoletano. Tra queste, la più “originale” è senz’altro la capacità di ritrarre, attraverso la compiacenza di un circuito mediatico sempre a disposizione, contesti sociali in perenne emergenza, disgregazione, pericolo, che altro non attendono che l’intervento salvifico delle “imprese del bene”, che non solo salveranno bambini, giovani disoccupati, migranti in condizioni abitative disumane, donne che subiscono da ogni direzione – più di altri soggetti – la violenza della società che le circonda. Questi soggetti (aziende private), come se tutto ciò non bastasse, saranno contestualmente capaci di dar vita a un vero e proprio “sistema economico-sociale”, perché si autososterranno, liberandosi dal bisogno di risorse di uno Stato che più nulla riesce a garantire ai suoi cittadini. Poco importa (e a pochi) se, nei fatti, questo avverrà attraverso il perseguimento dell’unica ambizione reale di una azienda privata, e cioè la produzione di profitto, tantopiù che queste realtà hanno col tempo imparato a ben districarsi nei redditizi settori dell’economia del tempo libero, della ristorazione, dell’accoglienza diffusa. E poco importa (e a pochi), se nella città turistificata la produzione di profitto implica l’espulsione degli abitanti più poveri, la progressiva e continuativa emarginazione di intere fasce sociali, la militarizzazione dello spazio pubblico, la criminalizzazione di molti tra quei soggetti – per esempio gli adolescenti “difficili” – che le imprese del bene si candidano a “difendere”.
Il libro di Rossomando è importante perché ci fa riflettere su quanto accade in città in termini sociali, di sviluppo economico e politici, al di là della propaganda mediatica che ci propina la visione distorta di cui sopra. L’autore spiega bene l’atteggiamento passivo della politica, sempre più disposta, su questo fronte così come su altri, a delegare il governo della città a entità “sussidiarie”, che tra l’altro fanno dello screditamento del lavoro del comparto pubblico un presupposto per giustificare e accrescere la tendenza alla delega di cui beneficiano. Sfacciatamente nel corso del quinquennio Manfredi, in maniera meno evidente durante le consiliature del precedente sindaco, il Comune di Napoli è stato ben contento di attribuire a soggetti privati il “fardello” (l’opportunità) del governo di interi pezzi di città, enclave urbane dove gli amministratori di questi enti hanno avuto la possibilità di diventare amministratori de facto della cosa pubblica, anche talvolta in deroga a leggi e normative esistenti. È una lunga storia che va dal tentativo di regalare ad Alfredo Romeo la gestione delle strade adiacenti al suo grande albergo di via Marina (2012-2013), alle decennali trattative con il calcio Napoli per la costruzione o ristrutturazione dello stadio cittadino (2010-2025), dalle vicende relative ai destini di zoo, Edenlandia, ex base Nato di Bagnoli (2010-2014) alla tavolinizzazione di centinaia di strade e spazi verdi a beneficio di bar e ristoranti, ai progetti in corso per il “rilancio” di piazza Garibaldi, dei parchi pubblici cittadini, dell’ex ospedale militare dei Quartieri Spagnoli.
Se è vero quindi che nel suo libro Rossomando spiega con precisione il nesso tra turistificazione, privatizzazione dello spazio pubblico, ritiro dello Stato a beneficio dei privati e capacità di sfruttamento di un presunto ruolo sociale da parte di grossi imprenditori che bramano al governo reale della città, sarà importante utilizzare questo strumento – che tra l’altro è ricco di dati – per riflettere e opporsi a trasformazioni che stanno investendo ora anche le aree (e su tutte le periferie est e ovest) che presentano due ulteriori vantaggi rispetto all’ormai congestionato Centro storico: enormi vuoti urbani, da un lato, e dall’altro un sentimento di sfinimento e prostrazione da parte della cittadinanza, pronta ad accettare qualsiasi tipo di sviluppo purché superi l’inerzia e l’inefficienza che caratterizza il governo del territorio da trent’anni a questa parte.